Il diritto ad ottenere la documentazione bancaria ex art. 119, comma 4 Testo Unico Bancario: modalità di esercizio, contenuto e limiti.

Il quarto comma dell’art. 119 del Testo Unico Bancario disciplina il diritto del correntista (o di colui che gli succeda a qualunque titolo o che gli subentri nell’amministrazione dei suoi beni) ad ottenere, a proprie spese[1], copia della documentazione inerente singole operazioni poste in essere negli ultimi dieci anni. Ciò entro un congruo termine e comunque non oltre i 90 giorni dalla richiesta.

Il diritto viene qualificato dall’ordinamento – e pacificamente riconosciuto dalla giurisprudenza – quale diritto sostanziale autonomo, la cui tutela è riconosciuta come situazione giuridica finale e non strumentale, ragione per cui, per il suo riconoscimento, non assume alcun rilievo l’utilizzazione che il cliente intende fare della documentazione, una volta ottenuta.

La documentazione di cui la norma in commento riconosce il diritto di consegna è quella relativa a “singole operazioni” poste in essere nell’ultimo decennio. Tuttavia, la lettera della norma, non va interpretata in maniera eccessivamente restrittiva[2],: difatti, nell’alveo di tale documentazione, possono certamente ricomprendersi, a titolo esemplificativo ma non esaustivo, gli estratti conto di un rapporto di conto corrente, i singoli ordini di investimento gli assegni versati presso il proprio istituto di credito e, a parere della migliore giurisprudenza, i singoli contratti (di conto corrente, di apertura di credito, di sconto etc.) sottoscritti con l’intermediario.

In merito a questi ultimi è doverosa una precisazione.

Ci si è posti difatti l’interrogativo se i contratti potessero essere considerati ricompresi nei documenti richiedibili ex art. 119 T.U.B., che sembra disciplinare piuttosto il diritto del correntista ad ottenere la documentazione di tipo “periodico”, in cui non sembrano rientrare, per la loro stessa natura, i documenti contrattuali.

Tuttavia, come anticipato, un’ interpretazione della norma non irrazionalmente restrittiva conduce a ritenere le singole schede negoziali rientranti nella documentazione richiedibile a mente dell’art. 119 T.U.B, iv comma; del resto, tale corrispondenza risulta ancora più evidente per quei contratti, come ad esempio di apertura di credito, che possono senza troppe difficoltà qualificarsi quali inerenti a “singole operazioni”.

Ciò posto, nulla quaestio se i contratti di cui si chiede la consegna siano stati stipulati nel decennio anteriore alla proposizione dell’istanza: in tal caso, la banca, di solito senza troppe resistenze, provvede alla loro produzione (sempre ammesso che gli stessi siano sussistenti).

Quid iuris se, di contro, i contratti richiesti all’istituto di credito siano stati sottoscritti oltre il decennio a far data dalla richiesta?

Si è pronunciata, sul punto, la Corte d’Appello di Milano, con la sentenza n. 1796 del 2012[3]: “Il contratto di conto corrente bancario, per sua stessa natura, costituisce la fonte della disciplina dei rapporti obbligatori tra le parti e, come tale, non può essere distrutto decorso il termine di dieci anni dalla sua sottoscrizione, qualora i diritti da esso nascenti non si siano prescritti”.

In altri termini, secondo la sentenza appena citata, i contratti bancari non rientrano nella documentazione di cui parla espressamente l’art. 119 T.U.B; tuttavia, il diritto alla loro consegna, anche oltre il decennio, deriverebbe dallo stesso art. 117 T.U.B. che non solo prescrive per essi la forma scritta ad substantiam – dal che ne discende che la relativa copia scritta debba essere conservata anche ai fini della dimostrazione della validità del rapporto – ma ne impone altresì la consegna di un esemplare ai clienti[4], i quali hanno quindi diritto a riceverne copia sia al momento della sottoscrizione che successivamente, qualora ne facciano espressa richiesta, come nel caso in cui abbiano smarrito il documento od in ultimo dichiarino di non averlo mai ricevuto[5].

Per ciò che concerne invece il contenuto della richiesta, che può essere inoltrata a mezzo raccomandata o anche a mezzo posta elettronica (preferibilmente, e ai fini della prova della stessa, a mezzo PEC), la giurisprudenza di legittimità ha più volte precisato che “non è necessario che il richiedente indichi specificamente gli estremi del rapporto a cui si riferisce la documentazione richiesta in copia, essendo sufficiente che l’interessato fornisca alla banca gli elementi minimi indispensabili per consentirle l’individuazione dei documenti richiesti, quali, ad esempio, i dati concernenti il soggetto titolare del rapporto, il tipo di rapporto a cui è correlata la richiesta e il periodo di tempo entro il quale le operazioni da documentare si sono svolte” (Cass., sez. I, 12 maggio 2006, n. 11004)[6].

L’istanza, tuttavia, deve essere comunque circostanziata, dovendo avere ad oggetto documenti inerenti specifiche operazioni (Cass. n. 22183/2015); a tal proposito onde evitare contestazioni “pretestuose” da parte degli istituti di credito, è sempre preferibile, per la redazione della stessa, rivolgersi ad un legale esperto del settore.

Nel caso in cui la Banca non ottemperi, entro i 90 giorni, all’istanza ex art. 119 T.U.B., il soggetto istante può ricorrere all’autorità giudiziaria competente al fine di ottenere un provvedimento di condanna dell’Istituto di Credito alla consegna della documentazione richiesta[7]; lo strumento processuale preferibile, in questi casi, è quasi sempre il ricorso per decreto ingiuntivo (che può essere proposto, com’è noto, anche da chi “ha diritto alla consegna di una cosa mobile determinata”).

Conclusioni

Il reperimento della documentazione bancaria è fondamentale ai fini della valutazione, con l’ausilio di un consulente legale e contabile, dell’andamento e dell’evolversi del rapporto; ciò, in particolare, con riguardo a quei rapporti bancari di durata quali i conti correnti, dove lo studio e l’analisi degli estratti conto permette di individuare le spese, gli interessi e le commissioni applicate dall’istituto bancario, onde verificarne la corrispondenza a quanto pattuito in sede contrattuale e, in ogni caso, la legittimità, intesa quale reale debenza delle somme riscosse a vario titolo dalla Banca in quanto non percepite in contrasto con le disposizioni normative settoriali.

Il diritto alla consegna della documentazione bancaria è riconosciuto limitatamente ai documenti (tra cui, su tutti, gli estratti conto) inerenti a singole operazioni compiute nel decennio anteriore alla data della richiesta[8]; tale limite temporale, così come stabilito dalla migliore giurisprudenza, non opera tuttavia in relazione ai documenti contrattuali veri e propri, che potranno essere richiesti anche se sottoscritti oltre il decennio dall’istanza, e in ogni caso entro e non oltre i dieci anni dalla chiusura del rapporto, se avvenuta.

Sebbene la Corte di Cassazione, con sentenza n. 11554 del 11 maggio 2017[9], abbia affermato che la richiesta ex art. 119 T.U.B. possa essere effettuata anche in corso di causa – e comunque non oltre la fase istruttoria – è preferibile ottenere la documentazione bancaria prima dell’instaurazione del giudizio, così da consentire al legale, in caso di anomalie e comportamenti illegittimi da parte della Banca, di parametrare in maniera specifica la domanda giudiziaria, con conseguente maggiore probabilità di successo dell’azione stessa.

 

[1] Spese che, a mente del medesimo comma, devono limitarsi ai meri costi di produzione dei documenti. Tuttavia, spesso gli Istituti Bancari richiedono, per la produzione di documenti, spese manifestamente sproporzionate rispetto al costo effettivo di produzione: basti pensare che sovente a fronte della richiesta di estratti conto per un periodo decennale la Banca richiede, al correntista, diverse centinaia di euro. Tale atteggiamento è certamente contrastante con lo spirito della norma, non trova giustificazione – a meno di casi eccezionali dove il reperimento della documentazione richiesta è effettivamente problematico – e va certamente censurato (si veda decisione ABF, collegio di Milano, N. 2609 del 10 marzo 2017). Per ovviare a tale “Inconveniente”, e per abbattere certamente i costi, è consigliabile richiedere l’invio della documentazione in modalità telematica, preferibilmente a mezzo PEC.

[2] Diverse sono le pronunce dell’ABF che estendono l’obbligo di consegna anche ai contratti e ai documenti non aventi carattere strettamente bancario, purché collegati ai contratti bancari.

[3] La Corte afferma: “Né, al riguardo, può essere condivisa l’affermazione, che parrebbe leggersi nella sentenza impugnata, secondo la quale l’Istituto di credito allora convenuto non sarebbe stato tenuto alla conservazione del contratto di conto corrente bancario de quo in quanto stipulato in una data “che supera il limite temporale di obbligo della tenuta delle scritture” e ciò in quanto: a) il limite temporale di cui trattasi si applica solo alla richiesta di rilascio di copia della documentazione contabile, che anche secondo il disposto dell’art. 2220 c.c. deve essere conservata per dieci anni dalla data dell’ultima registrazione; b) il contratto di conto corrente bancario non costituisce documentazione contabile, bensì, ai sensi dell’art. 117 commi 1° e 3° T.U.B. costituisce la prova scritta richiesta ad substantiam ed a pena di nullità dell’esistenza del rapporto di conto corrente bancario e deve indicare il tasso di interesse ed ogni altro prezzo o condizioni praticati. In difetto di prova scritta in ordine all’esistenza del contratto di conto corrente bancario e, quindi, delle pattuizioni intercorse tra le parti, la Banca non avrebbe alcun titolo per addebitare alla società correntista somma alcuna, sia a titolo di interessi convenzionali eccedenti il tasso legale, sia a titolo di commissioni di massimo scoperto e spese per le operazioni effettuate”.

[4] Sulla consegna quale requisito essenziale ai fini della validità del contratto, si veda la recente sentenza a Sezioni Unite n.898 del 16.1.2018: “Il requisito della forma scritta del contratto-quadro relativo ai servizi di investimento, disposto dal D. Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, art. 23, è rispettato ove sia redatto il contratto per iscritto e ne venga consegnata una copia al cliente(omissis)”.

[5] Il diritto alla consegna dei contratti, svincolato dal termine decennale di cui all’art. 119 t.u.b., è riconducibile altresì al dovere di correttezza e buona fede di cui agli artt. 1175 c.c. e 1375 c.c: tali norme impongono “a ciascuna parte di tenere quei comportamenti che, a prescindere da specifici obblighi contrattuali e dal dovere extracontrattuale del neminem laedere, senza rappresentare un apprezzabile sacrificio a suo carico, siano idonei a preservare gli interessi dell’altra parte; tra i doveri di comportamento scaturenti dall’obbligo di buona fede vi è anche quello di fornire alla controparte la documentazione relativa al rapporto obbligatorio ed al suo svolgimento”(così: Cass. n. 12093/2001).

Il fondamento dell’obbligo di consegna della documentazione e dei contratti, dunque, è stato altresì rinvenuto nel principio di buona fede contrattuale, in particolare nel suo precipuo risvolto rappresentato dal dovere di reciproca solidarietà tra i contraenti, anche quale fonte di integrazione del contratto ai sensi dell’art. 1374 c.c., a mente del quale “il contratto obbliga le parti non solo a quanto è nel medesimo espresso, ma anche a tutte le conseguenze che ne derivano secondo la legge, o, in mancanza, secondo gli usi” ( in questo senso, anche Tribunale Napoli, sentenza dell’8/12/2010)

[6] E’ ovvio che a tali requisiti, nel caso in cui il soggetto richiedente sia diverso dal titolare, va aggiunta la prova della sua legittimazione alla richiesta della documentazione bancaria (quindi, ad esempio, l’erede deve produrre la documentazione comprovante tale sua qualità, il legale che agisce per l’assistito deve produrre la procura sottoscritta da quest’ultimo, etc.)

[7] Ciò coerentemente con la natura di diritto sostanziale autonomo riconosciuto al diritto di consegna della documentazione.

[8] E’ bene precisare che, in sede processuale, qualora la Banca rivesta la posizione di attore, essa deve dare completa dimostrazione del proprio credito, con la produzione non solo di tutti i contratti, ma anche della intera sequela degli estratti conto, fin dall’inizio del rapporto, non potendo a riguardo invocare il limite temporale decennale di conservazione dei documenti previsto dall’art. 119 T.U.B. (si veda, ex plurimis, Cass.  sent. n. 22183/2015 Cass. n. 1842/2011 e Cass. n.21466/2013: “Nei rapporti bancari in conto corrente, la banca non può sottrarsi all’onere di provare il proprio credito invocando l’insussistenza dell’obbligo di conservare le scritture contabili oltre dieci anni dalla data dell’ultima registrazione, in quanto tale obbligo volto ad assicurare una più penetrante tutela dei terzi estranei all’attività imprenditoriale non può sollevarla dall’onere della prova piena del credito vantato anche per il periodo ulteriore”.

[9] Ove si afferma che: “Il potere del correntista di chiedere alla banca di fornire la documentazione relativa al rapporto di conto corrente tra gli stessi intervenuto può essere esercitato, ai sensi del comma 4 dell’art. 119 del vigente testo unico bancario, anche in corso di causa e a mezzo di qualunque modo si mostri idoneo allo scopo”. “

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