‘L’illecito anticoncorrenziale consumatosi prima della stipula della fideiussione non può che travolgere il negozio concluso “a valle”, per la violazione dei principi e delle disposizioni regolative della materia anitrust’.
Come noto, nella fideiussione omnibus, il fideiussore si impegna a garantire tutte le obbligazioni che il debitore garantito assumerà nei confronti del terzo creditore (di regola un Istituto di credito), comprese le obbligazioni “future” che per loro stessa natura non vengono individuate dalle parti al momento della stipula del contratto, ma rimangono contrattualmente indeterminate, ponendo così il garante ad un’esposizione quantitativamente e temporalmente “illimitata” del proprio patrimonio in favore del creditore.
In passato la giurisprudenza di legittimità ha più volte evidenziato le innumerevoli criticità di tale istituto, a partire dalla presunta incompatibilità con lo schema negoziale di cui l’art. 1346 c.c. (per indeterminatezza dell’oggetto del contratto) sino alla mancata previsione normativa di un importo massimo garantito (corretto poi dal legislatore nel 92’ con l’introduzione dell’art. 1938 c.c.).
Ultimamente, invece, tanto la dottrina quanto la giurisprudenza di legittimità si sono concretate sul rapporto tra fideiussione omnibus e normativa antistrust.
Secondo il Supremo Consesso (sent. n. 13846/19) i contratti di fideiussione omnibus stipulati in conformità al modello ABI del 2003 sono nulli, in quanto contrari alle disposizioni normative in materia di antistrust. Il modello in questione emanato il 4.07.03 dall’Associazione Bancaria Italiana (ABI) è stato sottoposto al vaglio della Banca d’Italia che, con provvedimento n. 55 del 2 maggio 2005, ha sancito la contrarietà degli artt. 2, 6 e 8 in esso contenuti (concernenti le clausole di sopravvivenza/reviviscenza, rinuncia ai termini di cui all’art. 1957 c.c. e impermeabilità della garanzia agli eventuali vizi del contratto base) rispetto all’art. 2, comma 2, lett. a, l. n. 287 del 1990 ( Legge Antitrust).
I suddetti articoli comportano l’insorgere di gravi oneri a carico del fideiussore, prevedendo ad es. l’obbligo di rimborsare la banca anche qualora il pagamento effettuato dal debitore principale venga annullato, revocato o comunque considerato inefficace, ovvero di garantire obbligazioni ultra terminum in deroga alla previsione codicistica di cui all’art. 1957 c.c. permettendo così al terzo creditore di pretendere il pagamento dal garante senza limiti temporali. Tutte le suddette clausole contenute nel modello dell’ABI del 2003 ed utilizzato dalle banche nei rapporti con la propria clientela sono state ritenute lesive della concorrenza.
Di recente, un’innovativa pronuncia della Corte territoriale di Bari, confermando il principio già espresso dalla Cass. con ord. n. 29810/2017, ha ribadito la nullità del patto fideiussorio concluso in conformità ad un’intesa restrittiva della concorrenza.
La Corte d’Appello di Bari, con la sentenza n. 45 del 15/01/2020 ha stabilito che, “a prescindere dalla anteriorità del patto fideiussorio rispetto all’accertamento dell’illiceità dell’intesa” da parte della Banca d’Italia con provvedimento del 2 maggio 2005, quel patto va dichiarato nullo “ogni qual volta il contratto di fideiussione costituisca l’applicazione del suddetto schema ABI”, e ciò in virtù del fatto che “se la violazione “a monte” è stata consumata anteriormente alla negoziazione “a valle”, l’illecito anticoncorrenziale consumatosi prima della stipula della fideiussione non può che travolgere il negozio concluso “a valle”, per la violazione dei principi e delle disposizioni regolative della materia (a cominciare dall’art. 2 legge antitrust)”.
Secondo gli assunti della Corte barese “non avrebbe alcun senso affermare la nullità dell’intesa e, allo stesso tempo, la validità dei contratti stipulati in sua esecuzione”. Invero “la diversa soluzione, che si limiti ad eliminare, con la comminatoria di nullità, il vincolo giuridico nascente dall’intesa illecita”, ma lasci sopravvivere intatti tutti gli effetti che l’intesa ha prodotto sul mercato in termini di contratti stipulati a valle dell’intesa stessa, “appare sicuramente molto poco coerente con gli obiettivi di difese e promozione del mercato concorrenziale che sono propri del diritto antitrust”.
La Corte d’Appello di Bari, conclude dunque sancendo la nullità assoluta delle fideiussioni omnibus conformi allo schema ABI, stante il carattere essenziale delle clausole riportate negli artt. 2, 6 e 8 del detto schema, sicché il vizio delle stesse determina la nullità anche del contratto fideiussorio, per la violazione dei principi e delle disposizioni normative in materia di antitrust. Si ingenera così, un effetto “a catena”, da cui discende conseguentemente la nullità derivata dei patti fideiussori “a valle”.