La Consob richiama l’attenzione del pubblico e degli intermediari sui potenziali rischi per gli acquirenti.
La Commissione Nazionale per la Società e la Borsa (CONSOB) ha diramato una nota ufficiale in data 31.01.2017 sul proprio sito istituzionale (http://www.consob.it/web/area-pubblica/dettaglio-news/-/asset_publisher/qjVSo44Lk1fI/content/compravendita-di-diamanti/10194) con la quale, preso atto delle segnalazioni di associazioni di consumatori in ordine a proposte commerciali di compravendita di diamanti effettuate da società specializzate che operano tramite i propri siti web o attraverso sportelli bancari, ha fatto sapere di avere in corso uno specifico approfondimento della presenza – per tali proposte commerciali – dei requisiti tipici degli investimenti finanziari.
L’Istituto di Vigilanza ha così essa allertato i potenziali acquirenti affinchè siano informati che trattasi di investimenti che possono presentare rischi non immediatamente percepibili e di “prestare la massima cautela” nell’effettuare tali operazioni.
La Consob, infine, ha rappresentato “la necessità che gli offerenti l’acquisto, in particolare se operatori bancari, consapevoli della oggettiva affidabilità offerta dalla loro specifica posizione professionale, rendano sempre compiutamente edotti i potenziali acquirenti sulla disciplina applicabile, sulle condizioni contrattuali e sui costi, anche commissionali, presenti nelle operazioni di vendita proposte allo sportello”.
In effetti, nota dolente nelle segnalazioni inoltrate dalle Associazioni dei Consumatori alla Consob, è proprio il prezzo al quale viene proposto l’acquisto di tali gemme, ben superiore rispetto a quello indicato da Rapaport, il listino internazionale che rappresenta lo standard per la quotazione dei diamanti.
Le proposte commerciali esaminate non consentirebbero di distinguere le componenti del prezzo che si riferiscono al costo effettivo del diamante dalle commissioni applicate al momento del perfezionamento dell’operazione, ripercuotendosi nel guadagno percepibile dal risparmiatore nel momento dell’acquisto e della rivendita delle gemme.
Per altro verso, l’Istituto di Vigilanza ha evidenziato come la vendita di un bene materiale, come i diamanti, può assumere le caratteristiche di offerta di un prodotto finanziario “se siano esplicitamente previsti, anche tramite contratti collegati, elementi come, ad esempio, promesse di rendimento, obblighi di riacquisto, realizzazione di profitti ovvero vincoli al godimento del bene” (su cui già Comunicazione n. 13038246 del 6 maggio 2013) e ciò pur non essendo di per sé applicabile alla vendita di diamanti o di altri beni materiali la disciplina di trasparenza e correttezza sui servizi di investimento.
Sul tema era già intervenuta, la Sezione Terza della Suprema Corte di Cassazione con sentenza n. 2736/2013 che, chiamata a dirimere sulla natura finanziaria di una proposta contrattuale avente ad oggetto diamanti, aveva sottolineato – in riforma del pronunciamento della Corte d’Appello di Napoli – che “l’investimento di natura finanziaria comprende ogni conferimento di una somma di denaro da parte del risparmiatore con un’aspettativa di profitto o di remunerazione, vale a dire di attesa di utilità a fronte delle disponibilità investite nell’intervallo determinato da un orizzonte temporale, e con un rischio”.
La proposta contrattuale su cui si sofferma l’analisi della Suprema Corte aveva ad oggetto il “blocco” di parte dei risparmi per un anno con la prospettiva del “guadagno” conseguenziale. Il meccanismo negoziale attraverso cui si perveniva a questo risultato veniva descritto come la consegna in affidamento di un diamante del valore ipotetico di 1.000 Euro, chiuso in un involucro sigillato, contro il versamento in denaro della stessa somma e l’impegno della società, dopo dodici mesi, di “riprendersi” il diamante, restituendo il capitale di 1.000 Euro e corrispondendo l’importo di 80 Euro a titolo di custodia.
La causa negoziale di tale proposta è individuata dal Supremo Consesso come finanziaria, “in quanto la ragione giustificativa del contratto, e non il suo semplice motivo interno privo di rilevanza qualificante, consiste proprio nell’investimento del capitale (il “blocco” dei risparmi) con la prospettiva dell’accrescimento delle disponibilità investite, senza l’apporto di prestazioni da parte dell’investitore diverse da quella di dare una somma di denaro”.
In tale operazione, diversamente da quanto assunto dalla Corte d’Appello di Napoli, la Corte di Cassazione individua espressamente l’elemento del ‘rischio’. “La predeterminazione dell’importo promesso, infatti, non è circostanza sufficiente a escludere il rischio e, con ciò, la possibilità stessa di riscontrare la presenza di un prodotto finanziario. Poiché anche il “rischio emittente” è incluso nell’alea assunta dall’investitore mediante l’investimento, ai fini della configurabilità della presenza di un prodotto finanziario, con la correlata applicazione della disciplina in materia di sollecitazione, è sufficiente che sussista l’incertezza in merito- non all’entità della prestazione dovuta o al momento in cui questa sarà erogata bensì alla capacità stessa dell’emittente di restituire il tantundem, con la maggiorazione promessa” Corte di Cassazione – sentenza n. 2736/2013 .
Sulla Compravendita di diamanti tramite sportelli bancari e sulla presenza di elementi di natura finanziaria, il servizio tv di ‘Report’ andato in onda nell’autunno 2016, che approfondisce anche il tema dei fondi immobiliari e delle cd. Polizze vita: http://www.report.rai.it/dl/Report/puntata/ContentItem-3bfa7b8f-c813-4530-abaa-597c103d320a.html