CAMBIALE PAGATA CON UN GIORNO DI RITARDO: RESPONSABILITÀ’ DELLA BANCA PER L’ ELEVAZIONE DEL PROTESTO ED OBBLIGO DI RESTITUIRE LA PROVVISTA AL CLIENTE

Con ordinanza del 4 febbraio 2020 n. 2549 il Supremo Consesso è ritornato ad occuparsi dell’illegittima elevazione dei protesti cambiari ad opera degli Istituiti bancari.

Il caso che ha permesso alla Prima Sezione Civile della Corte di Cassazione di soffermarsi nuovamente sull’argomento è il seguente. Un uomo pagava una cambiale con un solo giorno di ritardo e nei suoi riguardi la Banca elevava protesto. A causa del danno patrimoniale subito, l’uomo citava in giudizio l’Istituto di credito per ottenere la declaratoria di illegittimità del protesto, oltre il risarcimento del danno. La banca si difendeva sostenendo che l’elevazione del protesto era dipesa dalla tardività del pagamento – seppur di un solo giorno – e non dalla propria condotta. In primo grado, la domanda attorea veniva rigettata, mentre in sede di gravame l’appello veniva dichiarato inammissibile. A questo punto l’uomo proponeva ricorso in Cassazione lamentando tra l’altro, nei i cinque motivi di gravame, la violazione e falsa applicazione del R.D. n. 1669 del 1933, artt. 44, 51 e 70, nonchè l’erronea e/o illegittima elevazione del protesto cambiario.

Ma procediamo con ordine.

La cambiale è un titolo esecutivo che assegna al possessore il diritto di ricevere il pagamento della somma in essa indicata alla scadenza riportata. Se la cambiale non viene onorata (e quindi il creditore non ottiene quanto dovuto), consegue il protesto, che costituisce l’atto pubblico con cui l’Ufficiale Giudiziario constata la mancata accettazione o il mancato pagamento della cambiale, procedendo all’annotazione del medesimo sull’elenco dei protesti cambiari presso la Camera di Commercio e, anche, su appositi elenchi pubblici, presenti nella cancelleria del Tribunale. Per le cambiali a vista il protesto va effettuato entro un anno dalla data di emissione, mentre per quelle a data certa entro uno dei due giorni feriali successivi alla scadenza.

Finalità del protesto è quella di garantire la posizione del creditore, portatore del titolo di credito. Il protesto consente a chi ha presentato l’assegno e non abbia ricevuto il pagamento di potere agire in via giudiziaria per ottenere la somma dovuta contro l’emittente, il beneficiario indicato sul titolo, i soggetti che hanno garantito il pagamento dell’assegno, nonché nei confronti di coloro che abbiano fatto circolare l’assegno mediante girata del protesto (azione di regresso).Dal momento che il protesto cambiario conferisce pubblicità ipso facto all’insolvenza del debitore, il medesimo, ove illegittimamente sollevato, è destinato a costituire motivo di discredito personale e patrimoniale per il protestato. Sul punto la giurisprudenza di legittimità ha riconosciuto che il protesto illegittimamente levato, ove privo di conseguente efficace rettifica, deve ritenersi del tutto idoneo a provocare un danno patrimoniale, anche sotto il profilo della lesione dell’onore e della reputazione del protestato (si v.così Cass. civile sez. I, 28 giugno 2006, n. 14977 e 5 novembre 1998, n. 11103; Cass. civile, sez. I, 23 marzo 1996, n. 2576 ;Cass. civile, sez. I, 12 giugno 1998, n. 11103).

Già in passato la Corte era intervenuta sul tema dell’illegittima elevazione del protesto, su  un caso analogo a quello affrontato di recente dalla prima Sezione civile, in cui il pagamento del titolo era avvenuto nel primo dei due giorni successivi alla scadenza, in conformità a quanto statuito dal R.D. n. 1699 del 1933, art. 43. A riguardo la S.C. aveva ribadito che la Banca presso cui il pagherò cambiario risultava pagabile e che in precedenza aveva provveduto a rivolgere al Notaio la richiesta di protesto, aveva l’obbligo, una volta avuta notizia dell’intervenuto pagamento, di attivarsi nei tempi necessari per impedire gli effetti pregiudizievoli di un protesto che non aveva più ragione d’essere a fronte dell’intervenuto pagamento del titolo ( si veda Cass. n. 11130 del 13/05/2009). In particolare, la Corte aveva riconosciuto a carico della Banca, che non si era attivata a garanzia del cliente, una responsabilità da contatto sociale per comportamento omissivo, dal momento che questa aveva ingenerato l’affidamento incolpevolmente del debitore circa l’avvenuta comunicazione del pagamento dell’effetto cambiario.

Al pari del caso sopra citato, anche con la recente sentenza del 4 febbraio, la S.C. ha riconosciuto l’obbligo generale dell’Istituto di credito di evitare l’elevazione del protesto in caso di avvenuto pagamento della cambiale. Ove ciò non sia possibile, la Banca ha comunque l’onere di informare il cliente, per permettergli di avviare la procedura di cancellazione del protesto; infine, qualora la levata del protesto sia avvenuta ugualmente, la Banca ha l’obbligo di restituire la provvista utilizzata per l’operazione non andata a buon fine.

Tuttavia, discostandosi dal precedente arresto giurisprudenziale, la Corte chiarisce che la condotta della Banca non integra una responsabilità da contatto sociale bensì una responsabilità di natura contrattuale. Invero, tra la banca incaricata del pagamento e il portatore del titolo si era di fatto instaurato un contratto di mandato in virtù del quale il portatore del titolo impartiva alla Banca un ordine di addebito della cambiale in conto corrente (così come consentito dall’art. 4 della legge cambiaria). L’obbligo della banca di attivarsi immediatamente per impedire la levata del protesto trova, dunque, fondamento negli obblighi contrattuali a carico dell’Istituto di credito oltre che nella clausola generale di buona fede oggettiva di cui all’art. 1175 c.c., quale criterio determinativo ed integrativo della prestazione contrattuale, che impone il compimento di quanto utile e necessario alla salvaguardia degli interessi della controparte.

A ciò si aggiunga, secondo la Corte, che l’Istituto di credito, accettando sic e simpliciter il pagamento del titolo con addebito in conto corrente (peraltro con valuta del giorno della sua scadenza), nonostante il ritardo, peraltro minimo, rispetto alla stessa scadenza, aveva ingenerato nel debitore il ragionevole affidamento che con l’intervenuta estinzione del debito sarebbe venuto meno ogni rischio dell’elevazione del protesto.

Senza contare che, lo stesso Istituto, anche qualora non avesse avuto la possibilità di intervenire per bloccare il meccanismo di levata del protesto, avrebbe dovuto informare adeguatamente il debitore al fine di consentirgli di avvisare personalmente il Pubblico Ufficiale per ottenere la cancellazione del protesto secondo la procedura prevista dalla L. n. 349 del 1973, art. 12.

Il debitore, invece, aveva illegittimamente subito il protesto del titolo, ignorando completamente che, nonostante il pagamento della cambiale presso la banca domiciliataria, la procedura per la levata del protesto non era stata comunque interrotta.

Per ciò detto la Corte concludeva che “gli obblighi di diligenza che gravano su una banca cui sia stato conferito mandato al pagamento di una cambiale, impongono, una volta avvenuto l’atto solutorio, di attivarsi immediatamente per intervenire sul processo di levata del protesto, e, ove tale meccanismo si trovi ad una fase così avanzata da non poter essere più interrotto, di avvisare prontamente il mandante al fine di consentirgli di accedere tempestivamente alla procedura di cancellazione del protesto, secondo quanto previsto dal L. n. 349 del 1973, art. 12, salvo in ogni caso l’obbligo per la banca – ove sia intervenuta comunque la levata del protesto – di restituire la provvista utilizzata per l’operazione non andata a buon fine”.

Leggi la pronuncia in commento: Corte di Cassazione – ordinanza 4 febbraio 2020

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